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27.01.2021: Discorso dell’Ambasciatore Luigi Mattiolo in occasione dell’evento “Ebrei di Trieste: persecuzione fascista e Shoah (1938-1945) dedicato alla Giornata della Memoria

Buonasera a tutti voi. 

È per me un onore partecipare a questa manifestazione in occasione della Giornata della Memoria della Shoah e ringrazio la Prof.ssa Maria Carolina Foi, Direttore dell’Istituto italiano di cultura di Berlino, per averla organizzata.
Vorrei anche salutare la dr.ssa Tullia Catalan e la Jüdische Gemeinde zu Berlin, il Museo della Comunità Ebraica”Carlo e Vera Wagner” e il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste, ringraziandoli per la loro preziosa collaborazione.

Oggi nel mondo si ricorda la Shoah nella ricorrenza simbolica del 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche spalancarono i cancelli di Auschwitz. Il Giorno della Memoria è così designato da una Risoluzione che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il 1° novembre 2005. Ma in Italia questa giornata commemorazione nasce da una legge precedente, adottata dal parlamento il 20 luglio 2000, in base alla quale:
La Repubblica italiana riconosce il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ‘Giorno della Memoria’, al fine di ricordare la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.

La Giornata che oggi celebriamo fa parte di un percorso doloroso e complesso, legislativo e divulgativo, di approfondimento e riflessione collettivi e individuali. Un percorso che nasce dalla consapevolezza che solo chiedendoci come la Shoah sia stata possibile e guardando in quell’abisso di orrore, possiamo fare in modo che fenomeni simili non abbiano a ripetersi in futuro.

Per noi Italiani e Tedeschi, commemorare rappresenta un imperativo categorico. Come ha ricordato il Presidente Mattarella nel discorso pronunciato stamane al Quirinale, “Il fascismo, il nazismo, il razzismo non furono funghi velenosi nati per caso nel giardino ben curato della civiltà europea, ma furono il prodotto di pulsioni e di correnti pseudoculturali, ma anche mode e atteggiamenti, che affondavano le radici nei decenni e nei secoli precedenti”.
Le infami leggi razziali introdotte in Italia nel 1938 furono il preludio dell’immane tragedia che travolse gli ebrei italiani fino alla deportazione e allo sterminio di migliaia di nostri connazionali. Già privata dei propri diritti civili, allontanata dalla vita sociale, umiliata ed emarginata, dal settembre 1943 – sotto l’occupazione nazista e la Repubblica sociale italiana – la comunità ebraica italiana entrò nell’inferno della Shoah e ne uscì decimata.
In questo disegno orribile, la città di Trieste, su cui tra poco ci soffermeremo, ha rappresentato uno snodo cruciale: da porto e crocevia cosmopolita, Trieste divenne il perno dell’”Adriatisches Küstenland” (la Zona d’operazione del litorale adriatico). In questa area, la persecuzione antisemita fu particolarmente violenta. Probabilmente ciò dipese dallo status particolare della zona di operazioni e della presenza attiva di unità delle SS già responsabili del genocidio degli ebrei polacchi, nonché dell’agghiacciante operazione Eutanasia contro i malati di mente tedeschi.
Prima della seconda guerra mondiale, gli ebrei triestini erano circa 5.000. Dopo le leggi razziali del 1938, molti ebrei decisero di emigrare all’estero. Ciò nonostante i nazisti riuscirono a deportare nei campi di sterminio più di 700 ebrei triestini. Di questi solo una ventina sopravvissero e fecero ritorno.
Nella Risiera di San Sabba, divenuta nell’ottobre 1943 un Polizeihaftlager, accanto agli ebrei triestini furono imprigionati e poi deportati anche moltissimi ebrei catturati in Veneto, in Friuli, a Fiume e in Dalmazia. La Risiera fu presto circondata da una sinistra fama di terrore.
La deportazione della componente ebraica privò i centri del litorale adriatico, come Trieste, di un’importante componente borghese-intellettuale che ne aveva forgiato la peculiare cultura nel corso dell’ultimo secolo. Si trattò della più tragica e atroce tra le forme di semplificazione etnica che quei territori (compreso Fiume e Gorizia) subivano già a partire dal 1918.
In questo senso la Memoria della Shoah, e il ricordo delle tragiche vicende vissute da Trieste, ci conducono alla tragica constatazione che lo sterminio degli Ebrei – oltre che un crimine odioso contro la Dignità dell’Uomo – ha anche rappresentato il tentativo di recidere alla radice quel crogiuolo di lingue e culture, quel reticolo di contatti, scambi e commerci che nei secoli ha contribuito a forgiare quella che conosciamo e che riconosciamo come identità mitteleuropea. Un ingrediente fondamentale del nostro essere Europei, tanto più prezioso in una fase storica, come l’attuale, in cui di fronte al crollo di tante certezze, alla scoperta delle nostre fragilità e alla gravità delle sfide, l’Europa è chiamata a difendere la propria identità e i propri valori.

Credo sia questa la ragione profonda che ha condotto quest’anno la Germania a sottolineare l’importanza di questo patrimonio identitario comune e a celebrare i 1700 anni di vita ebraica documentata sul proprio territorio.
Come ha ricordato di recente il Ministro degli Affari Esteri tedesco, Heiko Maas, oggi l’antisemitismo non è scomparso. Al contrario, ha assunto nuove forme, non conosce più frontiere, si avvale della possibilità di penetrare le coscienze, a cominciare da quelle delle giovani generazioni, diffondendo false notizie e alimentando miti deliranti, sfruttando a proprio vantaggio inquietudini e paure, additando l’altro come il nemico da sconfiggere.
In questo, l’antisemitismo non è molto diverso dal passato, ma soltanto più subdolo e infido.

Ho appreso con sgomento, ma purtroppo senza sorpresa – da una recente indagine – che negli ultimi 15 anni il numero dei negazionisti della Shoah è passato, in Italia, dal 2,7 al 15,6 %. Anche in Germania, il numero di azioni violente antisemite è raddoppiato tra il 2017 e il 2019 e circa l’85% delle 73 azioni violente compiute nel 2019 erano motivate dall’estremismo di destra.
Dinanzi a questi sviluppi inquietanti, l’imperativo della Memoria è per tutti noi ancora più stringente e ineludibile. Ammettere le responsabilità, guardare in faccia la realtà dello sterminio del popolo ebraico, riconoscere che i più grandi orrori, i peggiori crimini si nutrono del silenzio, dell’omertà e dell’indifferenza.
L’educazione alla Memoria è dunque lo strumento indispensabile di cui possiamo e dobbiamo avvalerci, aiutando le giovani generazioni a prendere coscienza della Shoah in modo che la Memoria sopravviva anche quando gli ultimi testimoni di quell’orrore ci avranno lasciato.
Vorrei ricordare alcune parole pronunciate dall’amico Renzo Gattegna, per dieci anni Presidente delle Comunità Ebraiche italiane, purtroppo scomparso di recente. Rivolgendosi ad alcuni studenti italiani in visita ad Auschwitz-Birkenau, Renzo Gattegna disse loro: “Che cosa mi auguro che accada in voi: che comprendiate e che ricordiate. Che comprendiate a costo di soffrire, perché questo è un viaggio per persone adulte e non per bambini; che ne usciate tristi ma consapevoli e che si sviluppi in voi una reazione di anticorpi che per tutta la vita vi difendano dal sottovalutare il pericolo insito in qualsiasi ideologia razzista, nazista, fascista”.

A questo viaggio doloroso, ma necessario siamo chiamati anche noi qui, oggi.

Vi ringrazio