Buonasera a tutti voi. È un onore per me inaugurare questo evento dedicato alla violenza di genere, che avevamo programmato da molto tempo e che abbiamo dovuto posticipare a causa della pandemia, ma al quale teniamo veramente molto.
Questa serata è il risultato della intensa e proficua collaborazione con gli altri organizzatori, la UIM, il Mitte e il Comites di Berlino, che all’inizio dell’anno ci hanno proposto di lavorare insieme su questo tema e con i quali abbiamo collaborato con entusiasmo in questi mesi.
La grande importanza di questo tema è dimostrata dall’interesse che abbiamo riscontrato da parte di tutti gli interlocutori ai quali abbiamo proposto di partecipare.
Vorrei quindi ringraziare, prima di proseguire: i nostri Panelist di questa sera, innanzi tutto l’Avv. Seyran Ates, un vero simbolo qui a Berlino dell’impegno contro la violenza, e poi naturalmente i rappresentanti del Senato e della Polizia di Berlino, Sig.ra Hautmann, Dott. Bendix-Kaden, Sig.ra Paukert, così come la Dr.ssa Menelao della UIM Italia.
Purtroppo, la Sottosegretario Barbara König, che avrebbe voluto essere qui questa sera, non ha potuto collegarsi con noi a causa di altri improrogabili impegni dovuti alla pandemia. Naturalmente ci dispiace molto, ma comprendiamo bene che in questa situazione chi ha responsabilità come le sue sia particolarmente impegnato.
Ringrazio inoltre l’Associazione Rete Donne e la rete dei Goethe Institut in Italia, che ci hanno molto aiutato nella promozione dell’evento
Del tema di questa sera si è discusso molto negli ultimi giorni: ieri infatti abbiamo celebrato la 21° Giornata internazionale contro la violenza di genere (i media internazionali hanno dato giusto risalto alle dichiarazioni di tanti leader che si sono espressi in proposito).
Quest’anno le Nazioni Unite hanno anche indetto, a partire da ieri e fino al 10 dicembre, “16 Days of activism against gender-based violence”, ed è proprio nel contesto di questo “attivismo” che vogliamo inserirci, con la nostra iniziativa.
L’urgenza di occuparci della violenza di genere trova purtroppo riscontro quasi ogni giorno nelle notizie di cronaca. I numeri della violenza contro le donne, anche nei nostri Paesi e nella nostra Europa che pur consideriamo “civilizzata”, rimangono ancora spaventosamente e inaccettabilmente alti.
E non ci riferiamo “soltanto” ai femminicidi, ma a tantissime altre forme di violenza, fisica e psicologica, alla riduzione in schiavitù e purtroppo anche alle nuove forme digitali di violenza e di umiliazione, che possono avere conseguenze e ripercussioni tragiche, come molti eventi accaduti di recente in Italia hanno evidenziato.
La violenza di genere è un’emergenza mondiale, con profonde radici culturali (come ha sottolineato ieri il nostro Premier Conte) e da cui non dobbiamo mai “distogliere lo sguardo” (sono parole della Cancelliera Merkel), ma che dobbiamo affrontare, con grande determinazione, tutti insieme, uomini e donne.
Si tratta di un fenomeno che non conosce confini, che si nutre di pregiudizi e di malintese tradizioni culturali, che si insinua nelle realtà più diverse: i conflitti interetnici, le persecuzioni razziali, il degrado urbano, l’emarginazione sociale, il traffico di esseri umani, ma anche nelle pieghe delle società apparentemente più avanzate, nell’annoiata opulenza dei ceti agiati, tra le insidie del mondo digitale e dei contatti in rete.
Ci vogliono norme, certamente, ma le norme da sole non bastano; ci vogliono hotline telefoniche, risorse per i centri antiviolenza, programmi di sostegno; ci vuole un importante investimento nell’educazione delle generazioni più giovani, per molti versi tra le più esposte al rischio di diventare vittime o di farsi carnefici.
Soprattutto, è necessario un impegno forte per diffondere una maggiore consapevolezza del fenomeno della violenza di genere: finché ci saranno uomini che trovano “normale” prevaricare le proprie compagne, fino ad esercitare su di loro la violenza fisica, senza vedere né capire quanto questo comportamento sia ignobile, e finché ci saranno donne (purtroppo ancora numerose) intrappolate in un circolo vizioso che le induce a credere di “meritare” in qualche modo i maltrattamenti subiti, quasi fossero “normali”, o inevitabili, la nostra battaglia sarà persa.
L’impegno dell’Italia in quest’ambito si rafforza di anno in anno: il nostro Paese è stato tra i primi a ratificare la Convenzione di Istanbul, nel 2013. Tra le modifiche normative degli ultimi anni ricordo, nel 2019, l’adozione del cosiddetto “Codice Rosso”, che offre alle istituzioni uno strumento molto più veloce, potente e incisivo che in passato per tutelare le vittime e assicurare i responsabili alla giustizia.
Ieri lo stesso Presidente del Consiglio ha dichiarato che il tema della parità di genere (e della lotta alla violenza contro le donne) sarà una delle priorità della Presidenza italiana del G20.
Questo impegno ci accomuna alla Germania, che a sua volta sta utilizzando il proprio Semestre di Presidenza dell’Unione europea per promuovere alcune iniziative a livello europeo (una riunione dei Ministri competenti dei 27 Stati Membri, dedicata unicamente al tema della violenza di genere, è stata presieduta dalla Ministro Franziska Giffey proprio pochi giorni fa, il 20 novembre).
È questo, a grandi linee, il quadro internazionale in cui si inserisce l’iniziativa di questa sera
Infatti, è importante parlare della violenza di genere, se vogliamo incidere nella coscienza di tutti: la sensibilizzazione si realizza innanzi tutto continuando ad affermare senza equivoci, né distinguo che la violenza è violenza (e nulla ha a che fare con l’amore), che il delitto è delitto (e non esistono delitti d’onore), che siamo insomma “stärker als Gewalt” (penso all’efficace campagna informativa tedesca) e che tutte le donne dovrebbero poter affermare “paura non abbiamo”.
Ciò che viceversa dobbiamo temere è il silenzio delle vittime, la rassegnazione di chi teme che non ci sia tutela o via di scampo, e l’omertà e la negazione della violenza da parte di chi la commette, di chi ne è a conoscenza e – spesso – di chi la subisce.
Questa serata non intende “soltanto” sensibilizzare: l’obiettivo è innanzitutto quello di informare, di fornire strumenti concreti a chi si trovi ad affrontare in prima persona la violenza, oppure a chi magari entri in contatto con una situazione di violenza che riguardi un’amica, una conoscente, una parente, e non sappia cosa fare per aiutarla.
Uscire da una situazione di violenza è sempre estremamente difficile, in tutti i contesti: ma sappiamo bene che per le donne emigrate, che si trovano in un Paese di cui conoscono poco le istituzioni (e a volte anche la lingua), in cui spesso non hanno una rete “di sicurezza” di persone di fiducia a cui rivolgersi, può essere ancora più difficile; tanto più in una situazione estrema come quella della pandemia, che – lo dimostrano con chiarezza i dati – in moltissimi casi aggrava la violenza (e rende più difficile chiedere aiuto).
Per questo abbiamo sentito il dovere di dare il nostro contributo ora, senza attendere di poter ospitare questo evento “in presenza”, nella nostra Ambasciata, come avremmo desiderato.
Personalmente, non sono un grande appassionato degli eventi digitali, ma questa è certamente una delle occasioni in cui vedo anche i meriti del ricorso a questo formato, perché essere online ci permetterà, spero, di raggiungere un pubblico più vasto e di raggiungere anche chi forse non avrebbe potuto venire in Ambasciata, ma ora potrebbe seguire il nostro dibattito online e ricavarne qualche indicazione o suggerimento utile per uscire da una situazione di sofferenza e di umiliazione.
È questo il nostro più grande auspicio.
Non voglio sottrarre altro tempo ai nostri relatori, ai quali passo la parola ringraziandovi per la vostra attenzione.